Cosa fare per utilizzare meglio il Pincio, alcune proposte
Il Sig. Terzetti ha organizzato poco tempo fa una bella manifestazione per far riflettere sul ruolo del parco all’interno della città. Lodevole lo sforzo dell’attuale assessore Alberto Capitanucci che ha sviluppato delle idee per cercare di dare in futuro, anche attraverso l’apporto di esperti,una veste più moderna al parco.
Se può essere utile, riporto qui anche l’opinione non solo mia, affinché l’amministrazione Comunale possa raccogliere più contributidi idee,sulla base delle quali fare le giuste scelte.
La cultura la fanno le persone, e se, malgrado diversi tentativi, il Pincio non è visto più, sembrerebbe esserlo stato un tempo, come luogo della quotidianietà e di iniziative popolari, non ne ha colpa nessuno. Semplicemente nella testa delle persone di oggi non lo è più! Possiamo anche perdere tempo a trovare le ragione sociologiche di questo dato di fatto, ma che ci importa?
Si può anche pensare che in mezzo a tanta natura, fortunatamente ancora noi di Assisi abbiamo intorno, e con la possibilità che abbiamo oggi di spostarci facilmente, che cosa volete che importi a un giovane la riqualificazione strutturale del Pincio!? Vale la pena spenderci tanti soldi? La maggioranza delle persone che si sono ritrovate all’evento di Terzetti, me compreso, fra pochi anni, trenta al massimo, non ci saremo più, al massimo qualcuno forse si troverà ancora a combattere con i suoi acciacchi recluso in casa o per ospedali (questo lo so perfettamente perché per lavoro lo vedo tutti i giorni che fine faremo). Dunque, qualsiasi essi fossero, non è logico fare dei progetti futuristici che per lo meno rischiano di non interessare la popolazione e farebbero spendere però un sacco di soldi.
Si potrebbe più ragionevolmente indietreggiare il cancello di ingresso del Pincio in modo da creare lo spazio per gli scuolabus o le auto autorizzate; sistemare i viali; apporre dei piccoli leggii con la nomenclatura arborea presente (quest’ultimo lodevolissimo lavoro è stato già realizzato, mi risulta, da Alberto Capitanucci e collaboratori); sugli stessi leggii invitare alla lettura con dei capisaldi della nostra cultura come il Cantico delle Creature, l’infinito del Leopardi, passi della Divina Commedia, ecc….; sistemare il bellissimo anfiteatro al fine di ospitare qualche evento in estate;nella bella stagione dare in affitto il chiosco all’ingressoinsieme al discreto spazio davanti già esistente; fare attenzione che qualche ramo non cada sulla testa della gente; far entrare dentro un vigile ogni tanto per dissuadere gli spacciatori; e altre piccole e poco dispendiose opere. Credo, insieme adaltri, convenga solo a pochi imbarcarsi a realizzareprogetti molto personalistici, sulla cui utilità e decoro per Assisi si potrebbe anche obiettare, che per di più costano molto. Gli stessi soldi potrebbero essere utilizzati, ad esempio, per sistemare le strade delle frazioni, che sono in degrado.
Invece, ecco cosa dovrebbe conseguire questa generazione: portare più spesso i bambini e i ragazzi all’interno del parco incoraggiando la “scuola peripatetica”.
Se questa generazione riporta i bambini al Parco, fattivamente gli adulti, e soprattutto attraverso le scuole per farvi lezione, può darsi che quei bambini, divenuti adulti, si ricordino delle esperienze ivi passate e sappiano con entusiasmo utilizzare il Parco più assiduamente di noi, ricreando “la cultura” del parco, portandoci a loro volta i loro figli. Il Pincio fra 50 anni continuerà a vivere non per le opere ivi fatte dalle generazioni passate, ma se i bambini di oggi lo conosceranno, tutto qui.
Mauro Loreti
Mi trovo pienamente d’accordo con la lucida analisi del Dott. Mauro Loreti.
Per noi del secolo scorso, è stato un luogo dove si è cresciuti fin dalla prima infanzia. I genitori vi portavano con il passeggino anche gli infanti di pochi mesi, si disquisiva sul potere terapeutico delle alberature, combinato con quota, più alta rispetto ad altre parti della città, non so con quale fondamento scientifico, ma anche questo è stato un motivo di vivere il “Pincio”. Nel pomeriggio, in particolar modo, brulicava di marmocchi, nonni, e adolescenti. Quanto all’arena mi ricordo che negli anni ha avuto vari usi, anche serali con proiezioni di film, concerti bandistici ed altri spettacoli.
Insomma era un luogo vissuto.
Più che i proclami dell’Assessore Capitanucci, con progettazioni e lavori dispendiosi ed inutili, sarebbe più proprio ed economico una verifica,delle alberature, la potatura, ed eventuale reimpianto delle alberature ammalorate.
Queste non sono eterne.
Mi è capitato di viaggiare molto in Europa, ad esempio a Parigi, vi passai due volte a distanza di molti anni, nello specifico sui Campi Elisi, la prima mi ricordavo che era adornata da piante adulte, per non dire vecchie, la seconda, dopo circa venti anni, da piante giovani. Anche le specie vegetali hanno una “nascita” una “vita” e una “morte”.
Detto ciò, ribadisco che concordo con l’intervento del Dott. Laureti, che bastano pochi e mirati interventi, atti a rimettere in sesto quanto in abbandono, di seguito portare il Pincio a farlo scoprire alle nuove generazioni, magari anche con manifestazioni educative appropriate lungo il percorso scolastico.
Certo è che Capitanucci, di sovente in preda a crisi di grandezza, vorrebbe lasciare il segno, incidere il suo nome sulla pietra.
Magari spendere soldi, su soldi (che sono anche i nostri) per la sua boria personale.
Ovvio è che fra trent’anni, non ci sarò più io e forse nemmeno il Capitanucci, entrambi caduti nell’oblio, mentre il Pincio ci sarà ancora.
Spesso, le cose semplici sono le migliori, solo che hanno un handicap per certi amministratori, quelli con la a minuscola, muovono pochi soldi, non richiedono progettazioni particolari, quindi pochi incarichi esterni, meno prebende, “appaltini” invece che “appaltini” e quanto ne consegue.
Lo spendere fine a se stesso crea consenso, poi se i soldi siano spesi bene o male, chi se ne infischia…
Credo che il Capitanucci, dovrà trovare un’altra occasione per vedere scritto nel marmo il suo nome, a parte sulla sua lapide funebre, che spero il più tardi possibile.
La questione, attualmente, non è se servano interventi faraonici o bastino cure di ripristino e di decoro. Il vero discrimine sta nella capacità o meno di creare eventi e appuntamenti nel Parco con una certa continuità, anche per settori, durante i lavori che in ogni caso saranno eseguiti.
Da questo punto di vista, è veramente passato molto, troppo, tempo senza un minimo di attenzione culturale per il Pincio, sia da parte del Comune, negli anni passati e in quelli più recenti, sia, allo stesso titolo, da parte delle associazioni di città.
Non ha senso, oggi, proporre altre cose che non siano eventi e manifestazioni dal format più vario, a proporre i quali devono essere le associazioni culturali della città, con, in prospettiva, un appuntamento nel prossimo Festival cittadino (Universo, per intenderci).
Di questi momenti culturali e di festa c’è assoluto bisogno, ma chi li crea, chi ci mette la faccia, chi si adopera per fare anziché, vanamente, per proporre il proprio libro dei sogni?
Io ho dato atto a tutti coloro che si sono succeduti nella conduzione del Pincio di averci provato e ho anche dovuto constatare che ormai questo volontariato culturale si è estinto.
Il mio format del 14 settembre voleva essere un esempio, una prova, criticabile o amabile, di come si può entrare nel Pincio, anche in questo Pincio, e crearci attrazione e attenzione da parte della città e dei suoi ospiti.
Non vedo, invece, in questo intervento di Loreti, lo stesso spirito, la stessa volontà di osare, ma solo tentativi di rendere “pacificato” come un asilo d’infanzia un luogo altrimenti utilizzabile da generazioni di tutte le età, non solamente di Assisi.