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In ognuno di noi c’è un eroe, tra vittime e salvatori in questo Covid
di Fernanda Fioroni
L’importanza del dialogo, e non solo tra adulti, ma tra vittime e salvatori, attori entrambi di questo covid. Noi siamo in eterno combattimento tra la paura di morire e la voglia di rifiorire. Covid ha fermato quasi tutto per un po’.
Abbiamo ascoltato il necrologio numerale quotidiano, abbiamo visto le immagini delle bare, siamo stati in tanti spettatori dei disaccordi gestionali mondiali, abbiamo individuato i veri eroi, ma le vittime, coloro che devono ricominciare a vivere in questo nuovo scenario, sono tutte in grado di riconoscere lo stato di flusso in cui siamo immersi? C’è stato abbastanza tempo per comprendere che dobbiamo essere pesci che nuotano e anche in acque turbolente, oppure torneremo ad annegare di nuovo nella routine esistenzialmente siderale che ha contraddistinto il XX secolo?
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I riflettori adesso si spostano sull’economia, perché senza il lavoro siamo esseri umani incompiuti.
Questa è cosa buona e giusta tanto quanto è giusto prendersi dello spazio per rimanere sospesi e svuotarci ogni tanto per fare spazio alle energie, ai valori che dovrebbero muovere e smuovere la mancanza di coraggio per affrontare qualsiasi dialogo personale, pubblico e professionale?
In tanti continuano a cadersi addosso gli uni contro gli altri, senza ascoltare, ma per affermare il proprio ego. In questo c’è d’aiuto la filosofia platonica, o il de brevitate vitae, tanto quanto le storie inventate dalla purezza creativa dei nostri bambini, o quelle dei nostri nonni.
La sofferenza durante il Covid di piccini ed anziani non ha avuto risonanza tanto quanto le lotte politico economiche, eppure proprio dal loro esempio di resilienza dovremmo ripartire. In tanti se ne sono andati, ma laddove i protocolli adottati tempestivamente e con i mezzi a disposizione in tanti si sono salvati dall’emergenza.
Ecco non li mettiamo da parte adesso. Sfruttiamoli. Etimologicamente significa Ricavare da una risorsa naturale il maggior frutto possibile. Ed è semplice e richiede anche poco tempo: ascoltiamoli, coccoliamoli, curiamoli con attenzioni fatte di istanti.
L’anziano è roccia, perché ha vissuto e nella fase conclusiva del cerchio magico vitale ha compreso come è giusto comportarsi per affrontare con coraggio – con il cuore e con il cervello – qualsiasi situazione indipendente dalla loro volontà costruttiva. Attraverso questa cura, fatta di ascolto, di presenza, ma che potrebbe essere anche di assistenza medica si instaura un dualismo di reciprocità, di continuità e di estensione temporale a cui tutti ambiamo.
Le loro storie, anche quella di come loro hanno piantato un fiore, saprà mostrarci cosa vedere per piantarlo bene, ma non ti diranno quasi mai come lo devi piantare. Perché la vita è comunque nostra ed è giusto illuminare senza indottrinare.
Coach, motivatori….è questa la tendenza professionale a cui in molti si affidano, ma le storie di vita vissuta, dove l’emozione del IO CE L’HO FATTA, perché l’ho fortemente e saggiamente voluto, perché ho sbagliato ma sono stata anche capace di rimediare accende in noi quel fuoco che ci fa ardere senza bruciare.
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