Nuovo riconoscimento internazionale al direttore della Medicina di Assisi

E’ ormai noto che la terapia dell’ipertensione arteriosa è molto efficace nel prevenire l’ictus cerebrale e l’infarto miocardico, ma quello che ora è stato appurato è che la probabilità di successo della terapia è tanto maggiore quanto più alto è il rischio cardiovascolare globale (determinato da fattori come fumo, diabete, età, fumo, sesso…) della singola persona, anche indipendentemente dai valori di pressione arteriosa.

Questa importante conclusione, nata da uno studio internazionale, è stata pubblicata il giorno di Ferragosto sulla prestigiosa rivista medica inglese ‘The Lancet’, che ha incaricato il dottor Paolo Verdecchia, direttore di Medicina dell’ospedale di Assisi ed esperto di malattie cardiovascolari di scrivere l’editoriale di commento. L’editoriale è stato scritto in collaborazione con il dottor Gianpaolo Reboldi del Dipartimento di Medicina dell’Università degli Studi di Perugia.

“Si tratta di uno studio di grande rilevanza clinica – commenta il dottor Verdecchia – che ci dimostra quanto sia importante calcolare, in ogni singolo paziente, la probabilità di insorgenza di un grave evento cardiovascolare come l’ictus cerebrale, l’infarto miocardico o lo scompenso cardiaco. In parole semplici, ad ogni ad paziente dovrebbe essere detto, da parte del medico, quante sono le probabilità, su 100, che egli possa sviluppare un ictus cerebrale, un infarto cardiaco o un’altra grave malattia cardiovascolare tenendo conto dell’insieme dei suoi fattori di rischio presenti (età, sesso, fumo di sigaretta, diabete mellito, ipertensione arteriosa, ecc.).

Quanto più alto è questo numero, tanto maggiore sarà il beneficio atteso dalla terapia dell’ipertensione. Il dato nuovo ed importante è che valori elevati di rischio cardiovascolare possono essere causati anche da fattori diversi dall’ipertensione arteriosa, ed anche in questi pazienti il trattamento antiipertensivo apporterà, comunque, importanti benefici”.

L’ipertensione arteriosa resta ancora oggi uno dei più importanti fattori di rischio cardiovascolare in tutto il mondo. In Italia la progressiva riduzione del costo dei farmaci antiipertensivi, anche con riferimento ai farmaci più efficaci e ben tollerati, sta facilitando la diffusione del trattamento e quindi la percentuale degli individui ben controllati. “Ma c’è ancora molto lavoro da fare – aggiunge Verdecchia – La percentuale dei pazienti ipertesi ancora non ben controllati dal trattamento è ancora piuttosto elevata (30-50%) ed è su questi pazienti che vanno concentrati i nostri sforzi”.

La direzione della USL Umbria 1 ha espresso grande soddisfazione per questo nuovo prestigioso riconoscimento internazionale e in particolare alla struttura di Medicina dell’ospedale di Assisi, sempre molto impegnata nelle attività di prevenzione delle malattie cardiovascolari attraverso la diagnosi precoce e il trattamento dell’ipertensione arteriosa e della fibrillazione atriale.

Lo scorso anno la struttura aveva ricevuto il premio per la migliore ricerca pubblicata nel 2012 sulla prestigiosa rivista Hypertension, l’organo ufficiale dell’American Heart Association, la principale associazione cardiologica mondiale: la ricerca in quel caso aveva lo scopo di mettere a punto terapie sempre più efficaci e innovative per l’infarto miocardico, l’ictus cerebrale e la morta cardiaca improvvisa, che avvengono prevalentemente nelle prime ore della mattina.

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