Assisi, dipendente licenziata: la Corte dei Conti conferma l’operato del Comune Su molti quotidiani cartacei e on-line di ieri è stata riportata la notizia della sentenza della sezione giurisdizionale della Corte dei Conti dell’Umbria (Presidente dott. Salvatore Nicolella, Consigliere relatore dott. Pasquale Fava, Consigliere dott.ssa Chiara Vetro), che ha sollevato la questione della legittimità costituzionale della norma del decreto attuativo della riforma Madia, che ha stabilito la condanna per danno di immagine provocato dai cosiddetti “furbetti del cartellino” all’ente di appartenenza, prevedendo un minimo di sanzione non inferiore a sei mesi di stipendio, ritenendola “eccesiva, sproporzionata e manifestamente irragionevole”.
Nulla da eccepire, perché la seconda parte della sentenza effettivamente solleva, con ampia disamina alla luce anche delle norme sovranazionali e della giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, dubbi di costituzionalità della norma, anche per difetto di delega del legislatore delegante, e su questo sarà chiamata a pronunciarsi la Corte Costituzionale, che dovrà dire se il legislatore delegato abbia superato i limiti della delega e se abbia esercitato legittimamente la sua discrezionalità legislativa.
La sentenza contiene, però, altri elementi di sicuro interesse per l’opinione pubblica. Entra nel merito dell’accusa mossa all’ex dipendente del Comune di Assisi dalla Procura Regionale della Corte dei Conti, rappresentata dal Procuratore capo dott. Antonio Giuseppone, respingendo le ragioni che l’incolpata ha portato a sua difesa e stabilendo la fondatezza dell’azione risarcitoria pubblicistica, promossa dalla Procura, condannando la ex dipendente al risarcimento del danno patrimoniale da percezione indebita della retribuzione in mancanza di prestazione lavorativa e del pregiudizio all’immagine del Comune di Assisi.
Ha ritenuto che la condotta posta in essere dall’ex dipendente costituisse un “illecito penale, disciplinare e contabile”. Afferma il Collegio che i dipendenti pubblici sono tenuti al rispetto dell’orario di lavoro in quanto l’utenza ha un vero e proprio diritto pubblico soggettivo all’esercizio del potere e al disbrigo delle pratiche di ufficio per tutto il periodo di apertura della struttura.
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La ex dipendente, invece, in violazione delle predette regole di condotta e degli obblighi di presenza in servizio, ha modificato l’orario di uscita, anticipando di un’ora rispetto a quello da lei dichiarato e attestato, rivelando una predeterminazione intenzionale.
Da ciò la condanna, salvo discutere sull’entità della sanzione. Il Comune di Assisi ha collaborato con le forze dell’ordine per l’acquisizione delle fonti di prova utili per il processo penale, in cui si costituirà parte civile, e ha assunto tutte le determinazioni in sede disciplinare, con il licenziamento in tronco della dipendente infedele, così come ha provveduto ad informare la Procura regionale della Corte dei Conti per l’inizio dell’azione di responsabilità.
Ora alla luce delle chiare motivazioni in punto di merito da parte della Corte dei Conti, l’operato dell’Ente e degli amministratori appare non solo rispettoso di un preciso e vincolante dato normativo, ma dimostra che non si tratta di accanimento contro un singolo dipendente per fatti bagatellari, bensì della riaffermazione del primato delle regole, anche a difesa del buon nome dei tanti dipendenti pubblici, ivi compresi quelli del Comune di Assisi, che fanno appieno il loro dovere.
Riceviamo dal comune di Assisi e pubblichiamo.
Purtroppo in Italia per poter licenziare un dipendente pubblico che viole tutte le norme di buona condotta visto che percepisce uno stipendio e che non tutti purtroppo percepiscono specialmente in questi ultimi periodi bisogna faticare le sette fatiche di ercole. Non capisco perché ricorrendo ancora oggi dopo i svariati fatti di cronaca che simili persone debbano comunque approfittare del proprio status di dipendente pubblico per fare ciò che vogliono senza subire per la maggior parte delle volte conseguenze giuste come il licenziamento. Viste le difficoltà che oggi si ha per trovare lavoro non capisco perché persone che fortunatamente lo hanno poi agiscano in questo modo. Bisogna licenziare senza pietà chi non si merita lo stipendio e far prendere il posto da chi ha voglia di lavorare. Purtroppo in questa Italia se qualcuno con gli attributi non decide di eliminare lo status di pubblico dirottando i contratti nel privato non cambierà molto da oggi. Auguri
E quando il comune costruisce un’opera pubblica non necessaria, per accontentare un amico o un amico di un amico, spendendo diverse decine di migliaia di euro, oppure inventa un nuovo piano regolatore al costo di diverse centinaia di migliaia di euro per rendere fabbricabili terreni amici, o quando si danneggia il paesaggio vincolato come bellezza naturale o quando si fanno costruire industrie pericolose a ridosso di abitazioni, o quando si asfalta una strada meno bisognosa di un’altra grazie a qualche santo in Paradiso, insomma quando i politici diventano padroni del Creato invece che amministratori, quando pagano i danni? E perché se il comune perde le cause esercitando il potere in modo non “scusabile” non pagano gli amministratori con soldi propri invece che con i soldi dei cittadini?